Giuseppe Bergomi, uno degli eroi del mondiale 1982 e indimenticabile campione dell’Inter e della nazionale, si è aggiudicato il premio Fedeltà allo Sport che si svolge da 26 anni in Lucchesia e che ha avuto la sua splendida cornice all’Hotel Country a Gragnano nel comune di Capannori. Oltre alla Sfinge d’oro, lo “Zio” del calcio italiano -apprezzato commentatore di punta di SkySport e telecronista in coppia con Fabio Caressa– ha ricevuto la targa in ricordo di Gigi Simoni, dedicata al grande mister, dalle mani di Leonardo, il figlio dell’ex tecnico della Beneamata oggi osservatore dell’Inter. Bergomi, tra i calciatori più presenti nell’Inter, succede al grande giornalista Alberto Cerruti amico personale di Simoni e unico cronista italiano ad aver assistito per la Gazzetta dello Sport a otto mondiali di calcio con l’Italia per due volte sul tetto del mondo, e a Franco Causio, anche lui ex campione del Mondo nel 1982 che oltre ad apprezzare le doti umane e professionali di Simoni nei campi di tutta Italia ebbe modo di averlo come compagno di squadra nella Juventus stagione 1968-69 quando il “Barone” era a inizio carriera e ricoprivo lo stesso ruolo di ala destra dell’allora ventottenne calciatore di Crevalcore. La bandiera nerazzurra è stata felicissima di ricevere il riconoscimento anche perché il legame con Gigi Simoni è stato fortissimo: “Se sono un simbolo assoluto di fedeltà lo devo anche a Gigi Simoni, con Trapattoni e Bearzot il tecnico a cui sono più affezionato. Al mister gentiluomo devo tanto: mi ha riportato in nazionale a 35 anni. Lui ha sempre guardato solo il campo e non la carta d’identità. É sempre e per sempre nel mio cuore”. Splendido l’abbraccio con la moglie di Simoni, Monica Fontani ex giornalista de Il Tirreno, che non vedeva da quasi trent’anni. “Quando arrivò all’Inter assieme al Ronaldo il Fenomeno era in dubbio la mia conferma. Veniva da un paio d’anni difficili e il posto da titolare sembrava una chimera. Ma Gigi mi prese da parte e con la sua grande onestà intellettuale mi disse lui non avrebbe ascoltato le voci legate a un mio declino e mi avrebbe giudicato dagli allenamenti e dalla voglia di sacrificarmi. Fu una grande iniezione di fiducia. Tornai a essere il capitano e il punto di riferimento della squadra. Con me si confrontava e si confidava”.

Gli aneddoti si sprecano: “Mi diceva sempre di marcare con attenzione….Taribo West. Sì perché il centrale nigeriano, dotato di un fisico impressionante, tendeva a distrarsi e in area di rigore senza adeguata concentrazione un’entrata scomposta avrebbe potuto costarci caro. Su Ronaldo diceva sempre che tutti eravamo uguali tranne Ronny a cui consentiva di bere la Coca Cola. Il momento più difficile? La partita disputata a San Siro contro l’Udinese il 19 aprile 1998, sette giorni prima della sfida di Torino contro la Juventus che poteva decidere lo scudetto. Alla vigilia del match mi prese in disparte per aver un mio parere: ero in diffida e un’ammonizione mi avrebbe precluso di disputare il big match al Delle Alpi con la Juventus capolista. Simoni risolse la questione con un’affermazione che oggi mi convince ancora più di ieri: ‘Beppe, se ti risparmio e non vinciamo la partita di Torino diventa inutile….’. Al primo fallo che commisi su Bierhoff l’arbitro Borriello estrasse subito il cartellino giallo e per me non ci fu la possibilità di giocare contro la Juventus. In quella stagione notai una gestione di ammonizioni ed espulsioni decisamente singolare come se ci fosse un’elegia che penalizzava alcune squadre rispetto ad altre. Sensazione che anni dopo divennero una triste realtà con lo scandalo di Calciopoli. A mio giudizio Gigi Simoni in carriera ha ottenuto meno di quello che avrebbe meritato e quell’Inter, se l’anno dopo il mister non fosse stato esonerato, potevamo arrivare sino in fondo sia in campionato che in Coppa dei Campioni”. Una parata di stelle quella di Gragnano -condotta dall’organizzatore Valter Nieri coadiuvato da Ilaria Gradi e dalle vallette Debora Vanuzzo e Diletta Pellegrini– perché assieme a Bergomi hanno ricevuto la Sfinge d’Oro opera dell’artista Giampaolo Bianchi, Roberto Donadoni, una delle più grandi ali di ogni epoca, campione del Milan e della nazionale di cui è stato anche commissario tecnico molto stimato da Simoni che lo riteneva campione di stile ed equilibrio e un allenatore che si avvicinava al suo stile sobrio, la sette volte campionessa del mondo e due volte medaglia d’oro olimpica Elisa Di Francisca e Patrizio Oliva che fu campione olimpico di pugilato a Mosca nel 1980 e detenne la cintura iridata dei superleggeri che si è intrattenuto a lungo con Bergomi rinnovando la stima reciproca. Per il ciclismo c’erano Giuseppe Martinelli, uno fra i ds più vittoriosi di tutti i tempi, Ivan Quaranta, vincitore di 39 corse su strada e Walter Brugna, pistard lanciato da Ivano Fanini nell’olimpo mondiale dei pistard. Mentre per la ginnastica ritmica l’italiana più titolata: Milena Baldassarri, arrivata in finale a due olimpiadi. Sfinge d’oro anche per il volley a Giovanni Caprara che ha vinto in carriera 4 Champions League, un titolo con la nazionale russa e 4 scudetti in Italia.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *